Al ministero della Salute, a Roma, si è svolta martedì 21 novembre una giornata di approfondimento sul ruolo e il futuro dei consultori familiari. Una sintesi dei lavori nel mio articolo comparso ieri su Avvenire

Confluiranno in un documento di sintesi da sottoporre alle istituzioni, dal ministro della Salute alla Conferenza Stato-Regioni, le proposte e le sollecitazioni per valorizzare il ruolo del consultorio familiare emerse dai workshop del convegno “Il ruolo del consultorio familiare in una società che cambia”, organizzato a Roma dal ministero della Salute, dall’Istituto superiore di sanità (Iss) e dall’Università Cattolica, in collaborazione con la Federazione nazionale dei collegi delle ostetriche (Fnco) e il patrocinio del Centro per la pastorale familiare del Vicariato di Roma. Giuseppe Ruocco, segretario generale del ministero, ha ricordato che con l’istituzione dei consultori familiari nel 1975 il nostro Paese «è stato antesignano», ma poi «si è un po’ fermato per strada». Dice qualcosa il dato – offerto da Angela Spinelli (Iss) – che i consultori familiari sono passati da 2.725 nel 1993 a 1.944 (e 147 privati) nel 2016. Tuttavia non mancano prese di posizione importanti: al recente G7 della salute di Milano – ha ricordato Serena Battilomo (ministero della Salute) – si è ribadito l’impegno a investire nella salute di donne, bambini e adolescenti riconoscendoli «positivi agenti di cambiamento per migliorare la salute di tutti».
Giovanni Scambia, presidente della Società italiana di Ginecologia e ostetricia, ha dimostrato con dati di letteratura che «difendere la salute della donna significa difendere la società intera». Una società peraltro che spesso dimentica il ruolo centrale della famiglia, come lamentato da Giorgio Bartolomei (consultorio familiare “Al Quadraro” di Roma): «Non si parla abbastanza della famiglia, che vive profondi cambiamenti e mostra una grande complessità. Crescono le famiglie monoparentali, le coppie in crisi e le relazioni affettive fragili; le famiglie multiculturali hanno difficoltà diverse. E poco ci si occupa dei problemi di famiglie adottive, affidatarie, arcobaleno, o che fanno ricorso alla fecondazione assistita».
Sulla formazione Maria Vicario (Fnco) ha segnalato che «l’80% degli studenti delle facoltà medico-sanitarie non frequenta i consultori». Rocco Bellantone, preside della facoltà di Medicina della Cattolica, ha sottolineato l’importanza di abituarsi a lavorare in team, per sapere creare un giusto clima di accoglienza. Mentre dal presidente dell’Iss, Walter Ricciardi, è venuto un invito: «Istituzioni come l’Iss e gli operatori del consultorio devono fare squadra per far capire ai decisori politici l’importanza dei consultori; e occorre una correzione del federalismo che in sanità ha prodotto grandi differenze nell’accesso ai servizi e alle terapie».
Monsignor Andrea Manto ( Vicariato) ha chiesto di ricordare che lo specifico del consultorio familiare «è rivolto alla famiglia, occorre credere che la famiglia sia un vero capitale e ricchezza per la società ». Tra le “buone pratiche” emerse dai workshop vale la pena di segnalare la convenzione stipulata tra Fnco, la onlus Oltre l’orizzonte e il Vicariato di Roma per sostenere la figura dell’ostetrica di comunità, una figura in grado di svolgere un ruolo di promozione della salute della donna sul territorio, e in modo attivo.
Un pensiero riguardo “I consultori familiari: fare gioco di squadra”