Sindrome di Down, la società inclusiva parte dalla scuola

IMG_0070«Vuole il cioccolato?» Mi chiede un po’ irruente un ragazzo mentre esco dal supermercato. E mi porge una tavoletta con la confezione di cartoncino sigillata dall’adesivo arancione “+1 vale uno” che da diversi anni ormai costituisce lo slogan di CoorDown onlus. L’avevo notato già entrando, ma era impegnato con una signora che generosamente stava acquistando dieci tavolette per i nipotini. Ed ero passato oltre, con la solita fretta di chi va a fare la spesa. Adesso, rallentato dal carrello pieno, non posso sfuggirgli. Mi fermo e lo guardo, quel giovane con gli occhi inconfondibili che indicano la presenza di un cromosoma in più nelle sue cellule. Accanto a lui un paio di volontari dell’associazione che gestisce il banchetto – uno verosimilmente è il padre – dove vengono presentate le attività e i progetti da finanziare con la vendita di gadget, libri e cioccolato. Giacomo, così si chiama, viene garbatamente richiamato dal padre a non essere troppo invadente, ma il suo entusiasmo è genuino e non disturba. Spiego che conosco bene la situazione e allora la conversazione si fa più sciolta. 

Post-quadratoL’occasione della Giornata nazionale delle persone con sindrome di Down è una vetrina importante per presentarsi al mondo e mostrare quanto sia possibile ottenere in termini di qualità della vita e capacità di relazione per questi giovani adulti “disabili”. Le associazioni riunite nel CoorDown onlus si prodigano per migliorare sempre più l’assistenza e le cure da dedicare ai bambini, e poi ai giovani e agli adulti, con la sindrome di Down. E i risultati – in termini di salute, capacità e longevità delle persone Down – sono in continuo miglioramento. Tuttavia, e la Giornata nazionale ha il compito di ricordarlo, per rendere più accogliente la società – nei confronti di persone che hanno il solo torto di avere alcune difficoltà più della media – non si può mai abbassare la guardia. E bisogna cominciare sin dalla scuola, come la campagna di quest’anno vuole rimarcare, proseguendo il discorso avviato in marzo con la Giornata mondiale, usando fu presentato il filmato Lea va a scuola, che sottolinea la necessità per gli alunni con sindrome di Down di frequentare le lezioni insieme con i propri coetanei e non in istituti speciali. Quel racconto filmato è ora diventato un libro «Lea va a scuola» (autori Alexandre Abrantes, Rodrigo Panucci Zanellato, Luca Lorenzini, Luca Pannese; Nord-Sud Edizioni, euro 12,90) in vendita da pochi giorni: CoorDown ne raccomanda la diffusione proprio nelle scuole «luogo per eccellenza dove piantare il seme di una società che sia davvero inclusiva».

Nonostante la legge italiana – più che quarantennale – abbia superato le scuole speciali, le carenze non mancano: un sondaggio di pochi giorni fa effettuato dalla Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) indicava che – tra le 1.600 risposte arrivate – il 41 per cento degli studenti si trovava privo di insegnante di sostegno. Una situazione che ricorda bene anche Giorgio, il papà di Giacomo, che racconta come il percorso scolastico del figlio sia stato in chiaroscuro, tra anni in cui il docente di sostegno (o i docenti) era collaborativo e volenteroso e anni in cui il ragazzo era appena sopportato e ben poco aiutato. Ma l’entusiasmo e la buona volontà a Giacomo non sono mai mancate. Terminate le superiori, ora sta effettuando periodi di stage presso bar e locali: «Sono bravo con i cocktail – sottolinea orgoglioso –. Ma lo vuole il cioccolato?» «Certamente», dico. E con dieci euro due tavolette me le porto a casa. Buona giornata nazionale a Giacomo, e alle migliaia di ragazzi semplici e volenterosi come lui. 

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