Le scoperte dei ricercatori dell’Istituto neurologico “Besta” di Milano sull’attività della proteina tau quale fattore di rischio per i tumori. La mia intervista al direttore scientifico Fabrizio Tagliavini pubblicata oggi su Avvenire, nelle pagine della sezione è vita

Un nuovo fattore di rischio per lo sviluppo di tumori è stato individuato da un’équipe di ricercatori della Fondazione Irccs Istituto neurologico “Carlo Besta” di Milano, guidati dal direttore scientifico Fabrizio Tagliavini. Si tratta della proteina tau, già nota per essere coinvolta in processi neurodegenerativi, che se geneticamente mutata risulta avere un ruolo nella predisposizione all’insorgenza del cancro. Lo studio dei ricercatori del Besta è stato pubblicato dalla rivista scientifica Cancer Research ed è frutto di una collaborazione con l’Istituto nazionale dei tumori di Milano e lo University College di Londra. «Non ci sono ricadute pratiche immediate da questa scoperta – spiega Fabrizio Tagliavini – ma certamente si aprono ampi spazi per la ricerca sul legame tra neurodegenerazione e cancro».
Che cos’è la proteina tau?
È una proteina associata ai microtubuli, che nelle cellule nervose (e altre) hanno la funzione di definirne e stabilizzarne la struttura, un po’ come lo scheletro di una casa. I microtubuli sono come colonne verticali tenute insieme da strutture orizzontali formate dalla tau. La proteina stabilizza lo scheletro della cellula (citoscheletro), che è negli assoni (i prolungamenti dei neuroni) per il trasporto di molecole necessarie per il funzionamento e la comunicazione tra le cellule nervose.
Quali patologie dipendono dalla proteina tau?
In alcune malattie degenerative del cervello i neuroni subiscono – per motivi sconosciuti – una destrutturazione del citoscheletro, e accumulano al loro interno (e nei prolungamenti assonali) filamenti anomali di tau, elemento chiave per la degenerazione delle cellule nervose e per l’espressione dei deficit cognitivi. La più comune è la malattia di Alzheimer, ma esistono altre forme di demenza legate alla tau: in primo luogo la demenza frontotemporale, caratterizzata da un processo patologico che colpisce i lobi frontali e i lobi temporali del cervello. Mentre nell’Alzheimer l’alterazione della tau è secondaria alla deposizione di un’altra sostanza anomala, la beta amiloide, nella demenza frontotemporale la causa è direttamente l’alterazione della tau.
Come siete passati dalla proteina tau nelle malattie neurodegenerative al cancro?
Questo approccio di ricerca nasce nel nostro laboratorio al “Besta” molti anni fa, studiando una famiglia che aveva molti componenti affetti da demenza frontotemporale. Non conoscendo la causa genetica, in primo luogo abbiamo pensato di fare uno studio citogenetico per vedere se avevano aberrazioni cromosomiche. Diversi cromosomi risultavano fragili o anomali, ma non si riusciva a individuare un’unica causa. Anni dopo si è scoperto che la demenza frontotemporale poteva essere causata da mutazioni della tau, e in questa famiglia ne abbiamo individuata una. Estendendo lo studio genetico ad altre famiglie con demenze frontotemporali, in 15 di esse è emersa la presenza di diverse mutazioni della tau. Una mia collaboratrice, Giacomina Rossi (prima autrice dello studio ora pubblicato), si è concentrata sul possibile ruolo della proteina tau non sul citoscheletro quanto sulla corretta formazione di cromosomi e sul Dna nel nucleo della cellula.
Che cosa avete scoperto?
Che la tau ha un ruolo importante per il fuso mitotico (struttura di microtubuli necessaria alla corretta separazione dei cromosomi che precede la divisione cellulare) e che un’alterazione della tau era responsabile di aberrazioni dei cromosomi. Poiché le aberrazioni cromosomiche sono alla base dello sviluppo del cancro, ci siamo domandati se in queste famiglie ci fosse una ricorrenza più alta di tumori. L’attuale studio ha preso in esame le 15 famiglie con la mutazione della tau, paragonate a 45 famiglie di controllo, cioè senza mutazione né demenza, con caratteristiche sovrapponibili (struttura della famiglia, provenienza geografica, eccetera), ed è emerso che le famiglie con la proteina tau mutata presentavano un’incidenza di tumori (di ogni tipo, non di un particolare organo) quattro volte più alta delle altre. La parte statistica del lavoro è stata condotta con i ricercatori dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, con cui abbiamo un’interazione abbastanza stretta. Un nostro collega esperto in studi bioinformatici alla University College London ha analizzato le pubblicazioni sulle proteine che interagiscono con la tau, trovando che moltissime di queste hanno a che fare con il Dna e la cromatina, confermando che la tau ha un ruolo molto importante per la stabilizzazione dei cromosomi.
Si conferma il nesso tra neurodegenerazione e tumori in quanto malattia dell’invecchiamento cellulare?
Per ora possiamo dire che se una persona ha una mutazione della tau il suo rischio di sviluppare un tumore è molto più alto rispetto a una persona che non ce l’ha. Adesso iniziamo a studiare attraverso quali meccanismi la tau mutata può generare tumori. Si cercherà di determinare se la tau mutata nel nucleo possa avere un ruolo nella neurodegenerazione, ma non ci sono ancora dati. Le mutazioni potrebbero anche essere non nelle cellule germinali ma in quelle somatiche, cioè la tau potrebbe subire mutazioni nel corso della vita in un certo organo e che questo possa dare il via allo sviluppo di un tumore.