In vista del G7 dei ministri della Salute e del workshop della Pontificia Accademia delle Scienze, la mia presentazione dei temi con alcuni interlocutori istituzionali pubblicata oggi su Avvenire, nelle pagine della sezione è vita
Salute e ambiente saranno i temi affrontati al vertice dei ministri della Salute del G7 in programma a Milano sabato 5 e domenica 6 novembre. All’incontro, presieduto dal ministro italiano Beatrice Lorenzin, prenderanno parte i suoi colleghi di Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, oltre al commissario Ue alla salute e i direttori degli organismi internazionali: Oms, Fao, Oie, Ocse ed Efsa. Analogo tema viene discusso da oggi a sabato a Roma dalla Pontificia Accademia delle Scienze (Pas) in un workshop sul tema «La salute delle persone e la salute del pianeta: la nostra responsabilità». Il cancelliere della Pas, il vescovo Marcelo Sánchez Sorondo,osserva che «un cambiamento climatico incontrollato pone minacce all’esistenza dell’Homo sapiens e forse a un quinto di tutte le altre specie viventi: in più, l’inquinamento atmosferico è una delle maggiori cause globali di morte prematura».
«Bisogna dare atto alla presidenza italiana del G7 a Taormina e ora al ministro Lorenzin a Milano – evidenzia Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità – di aver voluto portare al centro dell’agenda l’impatto dei fattori climatici e ambientali sulla salute, che auspicabilmente sarà ripreso dalla Germania nel G20 e dal Canada, prossimo a presiedere il G7 dopo l’Italia» «Le evidenze scientifiche sono talmente forti – continua Ricciardi – che ci inducono a dare ai politici indicazioni nette all’azione. Persino l’accordo di Parigi sul clima è il minimo indispensabile per evitare che si generino danni irreversibili: abbiamo due generazioni per invertire la rotta».
«Qui non sono in gioco – commenta padre Maurizio Faggioni, docente di Bioetica all’Accademia Alfonsiana – le grandi dispute filosofiche sull’antropocentrisimo o il biocentrismo o qualunque altro -ismo, qui sono in gioco congiuntamente il bene dell’uomo e il bene della natura». E aggiunge: «Può sembrare strano, ma solo di recente si è presa piena coscienza degli estesi e forse, a medio termine, indelebili effetti della crisi ecologica sulla salute della persona».
«Le conseguenze dei cambiamenti climatici in parte si stanno già vedendo – puntualizza Ricciardi, che è direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, nato presso l’Università Cattolica –. In Italia quest’anno sei regioni su venti hanno dichiarai to l’emergenza per l’acqua; si sono tornate a vedere malattie tropicali quasi sparite, come la malaria; le ondate di calore (il 2016 è stato l’anno più caldo da quando c’è la registrazione) hanno conseguenze sul cibo perché la siccità distruggeraccolti». «È importante che ci sia una cooperazione forte – aggiunge Mario Melazzini, direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco – e che gli Stati più forti dal punto di vista economico si alleino per prendere decisioni comuni su ambiente e clima e per abbattere i fattori di rischio: l’aspetto fondamentale è che al centro dell’attenzione ci sia sempre l’uomo». «In queste occasioni di confronto – continua Melazzini – è possibile raccogliere esperienze che permettono di arricchirsi e di rendere patrimonio comune le buone pratiche di ciascun Paese. Ovviamente occorre sapere andare oltre alcune logiche individuali e affrontare complessivamente problemi che sono globali». Infine, sottolinea Melazzini, bisogna superare «criticità talora frutto di pregiudizi non suffragati da prove certe, incoraggiando l’adozione di strategie fondate su prove scientifiche, criterio che deve valere sempre quando si adottano decisioni che hanno ricadute sulla salute vanno guidate da dati validati da un punto di vistascientifico». La richiesta di dati certi chiama in causa la ricerca, non sempre facile in questi ambiti. Eppure, osserva Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche «Mario Negri» di Milano, «il tema ha a che fare con la salute molto più di quel che si pensasse in passato. E l’intervento, oltre a qualche decisione di comportamento individuale, non può che spettare a Stati e governi, senza lasciarsi condizionare da interessi particolari o locali. Questo G7 è quindi un’occasione da non sprecare, anche perché i problemi, che sono globali, non possono essere risolti da un singolo Stato ma dalla cooperazione». Gli studi scientifici danno comunque importanti conferme: «Lo scorso anno al “Mario Negri” abbiamo fatto una ricerca sia sulla presenza degli inquinanti ambientali Pm 10 e Pm 2,5 e sulla presenza del salbutamolo nelle acque reflue (principio attivo del farmaco usato dagli asmatici): abbiamo riscontrato che all’aumento della concentrazione di Pm 10 nell’aria aumentava anche la presenza nell’acqua e quindi l’utilizzo del salbutamolo. In definitiva andrebbe incoraggiata la ricerca in questi settori, proprio per prendere decisioni suffragate da dati scientifici». Un obiettivo perseguito anche all’Istituto superiore di sanità, dove «esiste un dipartimento Ambiente e salute – spiega Ricciardi – che vede impegnate più di 200 persone. L’epidemiologia ambientale è un filone che sta crescendo, supportato anche dall’Oms. E nel dicembre 2018 su questi temi organizzeremo una conferenza internazionale a Roma con i maggiori studiosi del mondo».