La mostra sui personaggi illustri all’università di Pavia mi ha richiamato alla memoria l’intervista che feci per Avvenire nel 2008 al rettore Angiolino Stella, in cui rievocava la visita di Benedetto XVI all’ateneo pavese, l’anno precedente. Il Papa era stato invitato all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università La Sapienza di Roma, ma le proteste di alcuni docenti e studenti contro la sua presenza l’avevano indotto a rinunciare. Benedetto XVI diffuse comunque il testo che aveva preparato per l’occasione.

«Siamo stati arricchiti dalla visita del Papa». Non ha dubbi il rettore dell’Università di Pavia, il professor Angiolino Stella, nell’indicare come «momento felice che rimarrà nella storia dell’ateneo» l’incontro vissuto il 22 aprile 2007 durante il viaggio che Benedetto XVI ha compiuto nelle diocesi di Vigevano e di Pavia. E aggiunge: «Il confronto tra componente cattolica e componente laica è essenziale per costruire il patrimonio comune nell’università. «Non ho visto nessuna imposizione nel discorso del Papa, ma l’ispirazione a ideali alti e assolutamente condivisibili. Anzi, anche chi a Pavia era perplesso sulla visita ha potuto convincersi della sua opportunità. Credo che a Roma abbiano perso questa occasione».
Rettore, come ha vissuto l’organizzazione della visita del Papa nella sua università lo scorso aprile?
Durante il viaggio a Pavia di Benedetto XVI il suo interesse come studioso verso la figura di sant’Agostino rappresentava un forte stimolo a fare una tappa alla nostra università. Sant’Agostino, infatti, insieme con santa Caterina di Alessandria, è uno dei patroni dell’ateneo di Pavia. Inoltre, il Papa ha un passato accademico di cui va orgoglioso e sapeva che a Pavia c’è un’università antica, che può vantare una grande tradizione e grandi maestri: anche noi tenevamo moltissimo che venisse. Anche se in una comunità ampia come quella universitaria si sono levate alcune voci di perplessità o dissenso, durante la visita non c’è stata ombra di contestazione. E molti scettici hanno cambiato idea.
Che cosa ricorda di quell’incontro?
È stata una bellissima giornata di sole nel cortile Teresiano, che dà una sensazione di respiro storico: ricorda Maria Teresa d’Austria che ha avuto un ruolo importante per l’università di Pavia. Erano presenti più di duemila persone. Sia il mio discorso sia quello del rappresentante degli studenti hanno avuto applausi ed elogi. L’intervento del Papa ha ottenuto consensi unanimi. È stata una grande festa, Benedetto XVI era felicissimo, lo si vedeva sorridente. E dopo la visita abbiamo avuto notizia, tramite il vescovo di Pavia, anche dell’apprezzamento della Santa Sede.
Come ha accolto l’università il discorso del Papa? È parsa ferita la laicità dell’istituzione?
Nell’università, in particolare in un ateneo che ha tradizione storica come quello di Pavia, devono sapere convivere le diverse componenti. Come ho detto nel mio discorso, non solo la convivenza, ma il confronto e l’interazione tra la componente cattolica e la componente laica sono un dovere per costruire insieme il patrimonio comune e la missione dell’università. Non vedo nessuna imposizione da parte del Papa: si deve saper ascoltare, con attenzione e rispetto. Questo non vuol dire rinunciare alle proprie idee e convinzioni, ma credo che dall’intervento del Papa possono emergere spunti di riflessione e approfondimento utili per tutti, anche per chi è su posizioni non dico laiche, ma addirittura atee. Non c’è nessun pericolo nel confronto con opinioni diverse, soprattutto se a parlare non è solo il Papa, figura sempre di indiscusso prestigio, ma nel caso di Benedetto XVI, anche uno studioso di grande rilievo. Allora non solo non sono a rischio le idee degli altri, ma vi può essere il modo di arricchirsi ulteriormente.
Un confronto tra le diverse tradizioni si legge anche nel discorso che il Pontefice non ha potuto pronunciare a Roma. Vista la sua esperienza, lei crede che alla Sapienza si siano persi qualcosa?
Non c’è dubbio, perché da noi è stato un arricchimento per tutti. Quella visita rimarrà nella storia della nostra università come un momento felice, che non solo non ha generato contrasti, ma se potenzialmente ce n’erano, li ha cancellati. Le cito un brano del discorso del Papa a Pavia: «Cari amici, ogni università ha una nativa vocazione comunitaria, essa è infatti una comunità di docenti e studenti impegnati nella ricerca della verità e nell’acquisizione di superiori competenze culturali e professionali. La centralità della persona e la dimensione comunitaria sono due poli coessenziali per una valida impostazione della universitas studiorum». Un intervento che è stato totalmente condiviso. Ma anche le sei cartelle del discorso «mancato» a Roma danno una bella sensazione di ispirazione a ideali alti e assolutamente condivisibili. Analogamente a quanto accaduto a Pavia, sono convinto che sarebbe stato un incontro fecondo per tutti anche alla Sapienza.
Qualcuno ha suggerito di invitare nuovamente il Papa a Pavia. Altre università si stanno muovendo in tal senso. Lei sarebbe favorevole?
Se ci fosse la possibilità, ne sarei ben lieto; ma mi rendo conto che altre università, che magari da secoli aspettano una visita del Papa, possano rivendicare un diritto di prelazione. Anche se mi sembra che un certo moltiplicarsi di inviti possa essere frutto dell’emozione di questi giorni. Io ho vissuto con viva partecipazione tutte le fasi prima, durante e dopo l’incontro, addirittura con commozione certi momenti: è stata un’esperienza indimenticabile. Sarei felicissimo di ripeterla.