Affascinante e curiosa, ricca di suggestioni sia per lo studioso sia per il comune lettore la mostra “Scartafacce”, che si è chiusa domenica 29 ottobre allo Spazio per le arti contemporanee del Broletto di Pavia. Il suo difetto maggiore, forse l’unico, è proprio la breve durata dell’esposizione, solo tre settimane. Una visita anche veloce consentiva di rendersi conto di quale patrimonio sia conservato nel Fondo manoscritti dell’Università di Pavia, inaugurato cinquant’anni fa per volontà di Maria Corti, alla quale la mostra rendeva un doveroso omaggio.
“Scartafacce” è un titolo che rievoca la contesa tra Benedetto Croce e Gianfranco Contini, con il primo che sottovalutava l’importanza dello studio delle varianti nelle versioni provvisorie (definite appunto “scartafacci”), prima che le opere raggiungano la forma definitiva, fissata nella stampa. Del resto era un filosofo e non un filologo. Inutile dire che, nel lungo periodo, negli studi di letteratura italiana abbia avuto la meglio la linea continiana, valorizzata dalla scuola pavese: basta pensare a Dante Isella. E l’intuizione di Maria Corti di raccogliere gli autografi degli scrittori, soprattutto novecenteschi, è lì a testimoniare l’importanza dello studio sviluppato a partire dagli “scartafacci”. Su cui si fonda l’attuale filologia d’autore.
La ricchezza della documentazione, insieme con la sua eterogeneità, viene suggerita dal sottotitolo: “Le mani, i volti, le voci della letteratura italiana del ‘900 nelle collezioni del Centro Manoscritti dell’Università di Pavia”. Il materiale esposto comprendeva: copie calligrafiche, brogliacci quasi illeggibili, pagine piene di correzioni e pagine pulite, lettere, appunti, libri e disegni, questi ultimi una vera e propria miniera di sorprese. A contorno, erano presenti alcune fotografie di Carla Cerati ad alcuni esponenti del mondo letterario, che fanno parte di una donazione della stessa fotografa e narratrice al Centro manoscritti di Pavia. In più, si potevano ascoltare anche alcune registrazioni delle voci di protagonisti.
La prima parte della mostra raccoglie le testimonianze della corrispondenza degli autori con Maria Corti e offre interessanti notizie sul crescere della raccolta. Alle prime carte ricevute all’italianista pavese per amicizia da Romano Bilenchi, Carlo Emilio Gadda ed Eugenio Montale, e da lei donate al Fondo, si sono via via aggiunti manoscritti di autori che hanno capito che di questo originale, ma qualificato e innovativo progetto era meglio fare parte che stare fuori. Come mostra lo sforzo di alcuni di loro a reperire nei proprio archivi quanto richiesto con gentile insistenza da Maria Corti: da Vittorio Sereni a Paolo Volponi, da Italo Calvino ad Andrea Zanzotto. Fino a Maria Luisa Spaziani, di cui si rivela, su un semplice biglietto di accompagnamento, l’ex libris, disegnato niente meno che da Eugenio Montale. Altri, come il critico Enrico Falqui, trova opportuno donare al Fondo pavese materiali in suo possesso, come un manoscritto di Camillo Sbarbaro «un’assoluta rarità». E molte lettere offrono indicazioni utili anche a ricostruire la genesi di alcune opere.
Originale la scelta dei curatori (Giovanni Battista Boccardo, Federico Francucci, Federico Milone, Giorgio Panizza, Nicoletta Trotta) di esporre i materiali non secondo un ordine cronologico, ma secondo i valori che Italo Calvino (nel suo Lezioni americane, 1984) riteneva che la letteratura potesse trasmettere: leggerezza, rapidità, molteplicità, esattezza, visibilità, coerenza. Di sezione in sezione, i piacevoli incontri non si contano. In “Esattezza” colpisce il frontespizio calligrafico studiato da Giuseppe Ungaretti per il suo Sentimento del tempo.
“Visibilità” è la sezione forse più entusiasmante grazie alle illustrazioni che non pochi autori hanno lasciato nei loro appunti. Non solo quelli noti come pittori: spettacolari i messaggi illustrati da Dino Buzzati, che sin da studente inventa un geroglifico cifrato con l’amico Arturo Brambilla, che diventa un alfabeto segreto tra i due, decifrato solo nel 1991 da Massimo Depaoli. Curiose anche le lettere in forma di calligramma di Gio Ponti, o i biglietti di Montale alla fida Gina Tiossi o, ancora, il taccuino di Ennio Flaiano.
La sezione “Leggerezza” si riferisce ai materiali su cui hanno scritto: dai bloc notes dell’ufficio stampa Pirelli, dove Vittorio Sereni lavorava, ai pacchetti di sigarette con gli appunti di Luigi Meneghello; dal calendario da tavolo riempito da parti del romanzo di Guido Morselli all’incredibile uso che Umberto Saba fece di un manoscritto settecentesco: riempì lo spazio bianco con il testo di due sue poesie.
“Coerenza” richiama l’organizzazione che gli autori hanno voluto dare alle loro opere: molte le scalette esposte, quelle che le maestre hanno sempre consigliato agli alunni prima di scrivere un tema. Intrigante l’indice ragionato di Claudio Magris per il suo Danubio, con i colori diversi a indicare diversi piani dell’opera, o le prove di Umberto Saba per organizzare le sezioni del Canzoniere. “Molteplicità” indica l’opera come processo: sono esposte le numerose versioni di Giorgio Manganelli o la composizione sofferta di Mario Rigoni Stern del suo Sergente nella neve. La sezione “Rapidità” passa dai fogli riempiti dalla scrittura tumultuosa di Natàlia Ginzburg al diario-zibaldone di Ottiero Ottieri.
La mostra si chiudeva con il video di un’interessante intervista a Maria Corti, che spiega le radici del Fondo, e ne illustra alcune ricchezze, fino a porsi, già più di vent’anni fa (la docente è morta nel febbraio 2002) alcune domande sul futuro della filologia dei testi letterari in un mondo in cui anche gli scrittori ormai privilegiano la tastiera del computer. Un tema che verrà affrontato nel convegno Le carte immateriali. Filologia d’autore e testi nativi digitali, in programma a Pavia nel dicembre 2023, appuntamento in cui culmineranno le celebrazioni del cinquantenario del Fondo manoscritti, fa sapere Giuseppe Antonelli nella presentazione del catalogo della mostra (Interlinea edizioni, pagg. 196, € 20. In copertina, qui a fianco, la composizione grafica di Sara Filippi, dedicata a Maria Corti).